Piatto da parata CON stemma ARALDICO Faenza, bottega Bergantini, post 1525 Maiolica decorata a policromia in rosso, giallo, verde, blu, bruno di manganese e bianco di stagno su fondo azzurro-grigio “berettino” alt. cm 6,5; diam. cm 40; diam. piede cm 13,5 Sul retro, sotto il piede, cerchio suddiviso in quattro parti da croce con punto in uno dei quadranti Felatura passante in basso a destra che corre radiale fino al centro del piatto, già stabilizzata; sbeccatura in basso a sinistra Corredato da attestato di libera circolazione Earthenware, covered with a ‘berettino’ glaze and painted in red, yellow, green, blue, manganese, and tin white H. 6.5 cm; diam. 40 cm; foot diam. 13.5 cm On the back, beneath the base, is a crossed ball with a dot in one quarter Heavy hairline crack running radially from 5 o’clock to about the centre of the dish, consolidated; chip at 7 o’clock An export licence is available for this lot € 50.000/70.000 Il grande piatto presenta un ampio e profondo cavetto con piede d’appoggio ad anello; la tesa è larga, orizzontale, con orlo arrotondato. La superficie è interamente ricoperta da smalto azzurro-grigio “berettino”, sovradipinto di bianco, policromia e blu cobalto. Al centro del cavetto, entro un medaglione circolare, si scorge lo stemma dei marchesi sovrani del Monferrato: “Paleologo–d’Alençon”. L’emblema araldico è presentato appoggiato su un piccolo colle, sorretto da due putti e sormontato da un serafino al centro di un tendaggio rosso. Tutt’intorno corre un decoro a “vaghezze e gentilezze”: l’ornato viene così denominato nei documenti faentini e prevede la presenza di “rabesche”, nodi e groppi, con fruttini associati a festoni fogliati, modalità decorative che accompagnano fin dalla prima metà del ‘500 il decoro a grottesche. Il decoro del piatto da parata è infatti realizzato con estrema raffinatezza e prevede una disposizione simmetrica a mazzetti di fruttini che si alternano a insiemi maggiori e minori, piccoli grappoli e mazzolini di fiori: tali decori sono dipinti su un fondo “berettino” chiaro e puntinato di bianco. Il cavetto è delimitato da un festone fogliato centrato da fioretti e fermato da nastri intrecciati. Sulla tesa il decoro a grottesche su fondo blu è realizzato in una versione priva di cariatidi o elementi di misura eccessiva e si limita all’alternanza simmetrica di amorini, elementi a delfino, foglie accartocciate e palmette. Il verso è ornato da un decoro a triangoli centrati da un motivo fitoforme realizzato a tratteggio; la parete del cavetto mostra un decoro con elementi a groppi e fiori multipetalo associabile al decoro “alla porcellana”; al centro del piede spicca la caratteristica palla quadripartita con cerchietto in uno dei quadranti. Il piatto trova confronto nelle opere di maggior pregio prodotte dalla Bottega Bergantini di Faenza tra gli anni 1525 e 1530. La stessa “coppa Bergantini” mostra tra i decori secondari un motivo a festone con foglie e frutta e corolle legate a mazzeto assai prossimi a quelli dipinti sul nostro piatto: il ductus del decoro e il minuzioso uso dei tocchi di bianco a lumeggiare il turchino aiutano l’attribuzione. Ancor più prossima la splendida coppa datata 1531, con stemma araldico della famiglia Salviati, conservata nel Museo Civico di Torino, in cui al decoro a vaghezze e gentilezze si associano citazioni del motivo decorativo a trofei insieme a un decoro a grottesche particolarmente affine a quelli del nostro piatto. Altro confronto molto prossimo è il piatto araldico con stemma delle famiglie Strozzi–Ridolfi realizzato per le nozze di Roberto Strozzi con Maria di Simone Ridolfi, databile agli anni 1525-1530 e conservato nella collezione del Metropolitan Museum of Art di New York: anch’esso presenta uno stemma sorretto da due putti e circondato da un motivo a “gentilezze” nella variante con “groppi” e “rabesche,” ma con il verso ancora decorato da un ornato ad archetti tratteggiati. Un piatto araldico con angeli por
Piatto da parata CON stemma ARALDICO Faenza, bottega Bergantini, post 1525 Maiolica decorata a policromia in rosso, giallo, verde, blu, bruno di manganese e bianco di stagno su fondo azzurro-grigio “berettino” alt. cm 6,5; diam. cm 40; diam. piede cm 13,5 Sul retro, sotto il piede, cerchio suddiviso in quattro parti da croce con punto in uno dei quadranti Felatura passante in basso a destra che corre radiale fino al centro del piatto, già stabilizzata; sbeccatura in basso a sinistra Corredato da attestato di libera circolazione Earthenware, covered with a ‘berettino’ glaze and painted in red, yellow, green, blue, manganese, and tin white H. 6.5 cm; diam. 40 cm; foot diam. 13.5 cm On the back, beneath the base, is a crossed ball with a dot in one quarter Heavy hairline crack running radially from 5 o’clock to about the centre of the dish, consolidated; chip at 7 o’clock An export licence is available for this lot € 50.000/70.000 Il grande piatto presenta un ampio e profondo cavetto con piede d’appoggio ad anello; la tesa è larga, orizzontale, con orlo arrotondato. La superficie è interamente ricoperta da smalto azzurro-grigio “berettino”, sovradipinto di bianco, policromia e blu cobalto. Al centro del cavetto, entro un medaglione circolare, si scorge lo stemma dei marchesi sovrani del Monferrato: “Paleologo–d’Alençon”. L’emblema araldico è presentato appoggiato su un piccolo colle, sorretto da due putti e sormontato da un serafino al centro di un tendaggio rosso. Tutt’intorno corre un decoro a “vaghezze e gentilezze”: l’ornato viene così denominato nei documenti faentini e prevede la presenza di “rabesche”, nodi e groppi, con fruttini associati a festoni fogliati, modalità decorative che accompagnano fin dalla prima metà del ‘500 il decoro a grottesche. Il decoro del piatto da parata è infatti realizzato con estrema raffinatezza e prevede una disposizione simmetrica a mazzetti di fruttini che si alternano a insiemi maggiori e minori, piccoli grappoli e mazzolini di fiori: tali decori sono dipinti su un fondo “berettino” chiaro e puntinato di bianco. Il cavetto è delimitato da un festone fogliato centrato da fioretti e fermato da nastri intrecciati. Sulla tesa il decoro a grottesche su fondo blu è realizzato in una versione priva di cariatidi o elementi di misura eccessiva e si limita all’alternanza simmetrica di amorini, elementi a delfino, foglie accartocciate e palmette. Il verso è ornato da un decoro a triangoli centrati da un motivo fitoforme realizzato a tratteggio; la parete del cavetto mostra un decoro con elementi a groppi e fiori multipetalo associabile al decoro “alla porcellana”; al centro del piede spicca la caratteristica palla quadripartita con cerchietto in uno dei quadranti. Il piatto trova confronto nelle opere di maggior pregio prodotte dalla Bottega Bergantini di Faenza tra gli anni 1525 e 1530. La stessa “coppa Bergantini” mostra tra i decori secondari un motivo a festone con foglie e frutta e corolle legate a mazzeto assai prossimi a quelli dipinti sul nostro piatto: il ductus del decoro e il minuzioso uso dei tocchi di bianco a lumeggiare il turchino aiutano l’attribuzione. Ancor più prossima la splendida coppa datata 1531, con stemma araldico della famiglia Salviati, conservata nel Museo Civico di Torino, in cui al decoro a vaghezze e gentilezze si associano citazioni del motivo decorativo a trofei insieme a un decoro a grottesche particolarmente affine a quelli del nostro piatto. Altro confronto molto prossimo è il piatto araldico con stemma delle famiglie Strozzi–Ridolfi realizzato per le nozze di Roberto Strozzi con Maria di Simone Ridolfi, databile agli anni 1525-1530 e conservato nella collezione del Metropolitan Museum of Art di New York: anch’esso presenta uno stemma sorretto da due putti e circondato da un motivo a “gentilezze” nella variante con “groppi” e “rabesche,” ma con il verso ancora decorato da un ornato ad archetti tratteggiati. Un piatto araldico con angeli por
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