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Auktionsarchiv: Los-Nr. 0118

PAOLO, DETTO IL VERONESE CALIARI (1528 - 1588)

Schätzpreis
100.000 € - 120.000 €
ca. 121.115 $ - 145.339 $
Zuschlagspreis:
n. a.
Auktionsarchiv: Los-Nr. 0118

PAOLO, DETTO IL VERONESE CALIARI (1528 - 1588)

Schätzpreis
100.000 € - 120.000 €
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n. a.
Beschreibung:

PAOLO, DETTO IL VERONESE CALIARI (1528 - 1588) Allegoria della Speranza. 76 x 102 cm Olio su tela Tipologia oggetto Opere su tela/tavola Dipartimento ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO Periodo Arte antica **Opera proveniente da fallimento di società. L’opera é accompagnata dall’expertise di Emilio Negro. Provenienza: Collezione d’arte privata. Figlio di uno scalpellino e lapicida, che incideva le iscrizioni nel marmo, tale Gabriele di Pietro (“spezapietra”), Paolo Caliari inizia la sua formazione a Verona nel 1541 presso la bottega di Antonio Badile forse anche di Giovanni Francesco Caroto; successivamente, trasferitosi a Venezia, diviene noto con il soprannome di “Veronese”. L’artista viene fortemente influenzato dal rapporto con l’architetto e mentore Michele Sanmicheli che lo inizia alle novità di gusto manierista in ambito toscano e romano introdotte nell’Italia settentrionale da Giulio Romano, attivo a Mantova presso i Gonzaga ed il Parmigianino, interpretate personalmente dal giovane pittore ormai prive dell’apparato intellettuale, arricchite a livello cromatico. La fiducia del suo mentore gli permette di ottenere il primo importante incarico presso la decorazione della villa sanmicheliana Soranzo a Treville di Castelfranco veneto (Treviso, 1551), commissione che lo introduce nella cerchia del patriziato veneto; conseguentemente nel 1560 gli viene affidata la decorazione di Villa Barbaro, di costruzione palladiana a Maser, nel trevigiano, ottenendo risultati talmente stupefacenti da essere considerato tra i suoi capolavori. La prima commissione veneziana lo vede impegnato dal 1553 al 1555 nella decorazione dei soffitti delle sale del Consiglio dei Dieci di Palazzo Ducale, dove realizza un complesso programma iconografico che si avvale di scene tratte da cicli mitologici. Lo stile di Veronese è assolutamente nuovo per la città lagunare, fondato su composizioni in cui le torsioni manieristiche delle figure sono esaltate luministicamente e cromaticamente utilizzando una palette di colori vividi e cangianti dagli effetti drammatici e raffinati al contempo; nel tempo matura il suo specifico linguaggio illusionistico, che si avvale di tagli prospettici audaci, dai caratteristici toni brillanti circonfusi di luce ed ombre dai colori iridescenti. L’artista diviene l’erede artistico del Tiziano presso le committenze aristocratiche veneziane, che ne apprezzano le qualità ritrattistiche in virtù dell’attenta individuazione dello status sociale, attraverso una minuziosa resa dell’abbigliamento, le pettinature, gli accessori, in particolare i gioielli dipinti con un gusto per i dettagli degni dei più valenti orefici. Predilette come soggetto delle sue ampie composizioni sono le “Cene”: tra le più note, “La Cena a Casa di Simone”, conservata nella Galleria Sabauda di Torino, “La Cena in Emmaus” del Louvre a Parigi, “La Cena a Casa Levi”, presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia, in cui narra episodi religiosi rappresentando scene tratte dalla vita mondana veneziana, ambientate in vaste scene all’aperto cariche di personaggi dai tratti fisiognomici riconoscibili insieme a figure pittoresche di nani e buffoni, realizzando un’iconografia tra il sacro ed il profano che gli causa addirittura un processo intentatogli dalla Santa Inquisizione di Venezia. Nelle opere dell’ultimo decennio di attività, per aderire ai dettami del Concilio di Trento (1545-1563), rispondere al clima mutato in seguito alle devastazioni compiute dalla peste veneziana del 1576 e dall’incombere del processo di decadenza di Venezia dovuto alle volontà espansionistiche dell’impero turco, l’ artista abbandona progressivamente i grandi impianti iconografici per dedicarsi a scene in cui maggiore è l’attenzione all’introspezione psicologica, resa utilizzando una tavolozza dai colori più tenui e delicati. L’opera, dipinta con il consueto virtuosismo pittorico, è stilisticamente confrontabile, come confermato verbalmente da Terisio Pignatti e Filippo Pedrocco, autori di div

Auktionsarchiv: Los-Nr. 0118
Auktion:
Datum:
15.12.2020
Auktionshaus:
Capitolium Art
Via C.Cattaneo n. 55
25121 Brescia
Italien
info@capitoliumart.it
+39 030 2072256
+39 030 2054269
Beschreibung:

PAOLO, DETTO IL VERONESE CALIARI (1528 - 1588) Allegoria della Speranza. 76 x 102 cm Olio su tela Tipologia oggetto Opere su tela/tavola Dipartimento ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO Periodo Arte antica **Opera proveniente da fallimento di società. L’opera é accompagnata dall’expertise di Emilio Negro. Provenienza: Collezione d’arte privata. Figlio di uno scalpellino e lapicida, che incideva le iscrizioni nel marmo, tale Gabriele di Pietro (“spezapietra”), Paolo Caliari inizia la sua formazione a Verona nel 1541 presso la bottega di Antonio Badile forse anche di Giovanni Francesco Caroto; successivamente, trasferitosi a Venezia, diviene noto con il soprannome di “Veronese”. L’artista viene fortemente influenzato dal rapporto con l’architetto e mentore Michele Sanmicheli che lo inizia alle novità di gusto manierista in ambito toscano e romano introdotte nell’Italia settentrionale da Giulio Romano, attivo a Mantova presso i Gonzaga ed il Parmigianino, interpretate personalmente dal giovane pittore ormai prive dell’apparato intellettuale, arricchite a livello cromatico. La fiducia del suo mentore gli permette di ottenere il primo importante incarico presso la decorazione della villa sanmicheliana Soranzo a Treville di Castelfranco veneto (Treviso, 1551), commissione che lo introduce nella cerchia del patriziato veneto; conseguentemente nel 1560 gli viene affidata la decorazione di Villa Barbaro, di costruzione palladiana a Maser, nel trevigiano, ottenendo risultati talmente stupefacenti da essere considerato tra i suoi capolavori. La prima commissione veneziana lo vede impegnato dal 1553 al 1555 nella decorazione dei soffitti delle sale del Consiglio dei Dieci di Palazzo Ducale, dove realizza un complesso programma iconografico che si avvale di scene tratte da cicli mitologici. Lo stile di Veronese è assolutamente nuovo per la città lagunare, fondato su composizioni in cui le torsioni manieristiche delle figure sono esaltate luministicamente e cromaticamente utilizzando una palette di colori vividi e cangianti dagli effetti drammatici e raffinati al contempo; nel tempo matura il suo specifico linguaggio illusionistico, che si avvale di tagli prospettici audaci, dai caratteristici toni brillanti circonfusi di luce ed ombre dai colori iridescenti. L’artista diviene l’erede artistico del Tiziano presso le committenze aristocratiche veneziane, che ne apprezzano le qualità ritrattistiche in virtù dell’attenta individuazione dello status sociale, attraverso una minuziosa resa dell’abbigliamento, le pettinature, gli accessori, in particolare i gioielli dipinti con un gusto per i dettagli degni dei più valenti orefici. Predilette come soggetto delle sue ampie composizioni sono le “Cene”: tra le più note, “La Cena a Casa di Simone”, conservata nella Galleria Sabauda di Torino, “La Cena in Emmaus” del Louvre a Parigi, “La Cena a Casa Levi”, presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia, in cui narra episodi religiosi rappresentando scene tratte dalla vita mondana veneziana, ambientate in vaste scene all’aperto cariche di personaggi dai tratti fisiognomici riconoscibili insieme a figure pittoresche di nani e buffoni, realizzando un’iconografia tra il sacro ed il profano che gli causa addirittura un processo intentatogli dalla Santa Inquisizione di Venezia. Nelle opere dell’ultimo decennio di attività, per aderire ai dettami del Concilio di Trento (1545-1563), rispondere al clima mutato in seguito alle devastazioni compiute dalla peste veneziana del 1576 e dall’incombere del processo di decadenza di Venezia dovuto alle volontà espansionistiche dell’impero turco, l’ artista abbandona progressivamente i grandi impianti iconografici per dedicarsi a scene in cui maggiore è l’attenzione all’introspezione psicologica, resa utilizzando una tavolozza dai colori più tenui e delicati. L’opera, dipinta con il consueto virtuosismo pittorico, è stilisticamente confrontabile, come confermato verbalmente da Terisio Pignatti e Filippo Pedrocco, autori di div

Auktionsarchiv: Los-Nr. 0118
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Datum:
15.12.2020
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