Niccolò Tornioli (Siena 1606 - Roma 1651), attribuito a olio su tela, cm 342x245 Il dipinto si caratterizza per una chiara impostazione narrativa che dipende dal comporre di storia fiorentino. Un insieme strutturale che viene interpretato con personaggi devoti, di una delicatezza di espressioni, tipologie e gesti dipendenti dall’arte di Francesco Rustici detto il Rustichino (Siena 1592-1626), personaggi che ci indirizzano verso Siena. Il rigore compositivo della scuola fiorentina era stato importato nella città del palio da Pietro Sorri (San Gusmé 1556-Siena 1622), allievo del Passignano, ed elaborato, fino a farlo diventare un fresco racconto contemporaneo, da Rutilio Manetti (Siena 1571-1639). Questi lo aveva poi abbandonato, appassionandosi al caravaggismo, della cui diffusione sarà motore nelle Terre di Siena. Tuttavia del rigoroso comporre fiorentino se ne erano appropriati artisti quali Crescenzio Gambarelli (Siena, notizie dal 1591 al 1622) e Astolfo Petrazzi (Siena 1580-1653) e altri pittori, come mostrano le lunette dell’Oratorio inferiore di San Bernardino a Siena. Per una di queste lunette, San Bernardino di fronte a Martino V, la quale per qualità sopravanza di molto le possibilità degli artisti sopra citati, ho proposto il nome di Niccolò Tornioli (Marco Ciampolini, Pittori Senesi del Seicento, Siena, Nuova Immagine Editrice, 2010, pp. 870, 887, figg. a pp. 889 e 890) per le evidenti assonanze dei personaggi con quelli delle incisioni nel libretto della tesi di Federico IV Borromeo, sostenuta a Siena nel 1634 (Theoremata Praescriptionis ex Alexandri Papae III [...], Senis, ex Typographia Bonettorum, Typis Publicis, M.DC.XXXIV, Siena, Biblioteca Comunale, XIV.F.28; Annalisa Pezzo, La tesi a stampa a Siena nei secoli XVI e XVII. Catalogo degli oposcoli nella Biblioteca Cominale di Siena, Cinisello Balsamo, Silvana editoriale, 2011, pp. 39-41, 117-119 n. 32). Il Tornioli seguirà l’anno successivo il prelato a Roma, divenendo suo pittore ufficiale. L’opera in esame, come la ricordata lunetta, sembrano collegarsi in questo tempo, ossia nella produzione del Tornioli successiva al 1631, anno della prima opera documentata rimastaci (la Crocifissione della chiesa di San Niccolò in Sasso, detta Monnagnese), e anteriore al 1635-1637, quando Niccolò lavora per il Borromeo. Questa Apparizione, come la ricordata Crocifissione, accoglie influenze emiliane in un palinsesto di rigore compositivo e di devota partecipazione all’evento, che ricordano le esperienze del tardo manierismo senese. Ma diversamente dilata la scena e apre la scenografia a influenze neo venete, come sarà nelle due vaste composizioni con la Visione di san Giovanni evangelista a Pathmos e di San Sebastiano curato dalle pie donne, le uniche opere fin ora rintracciate fra quelle eseguite dal pittore per il Borromeo, oggi conservate in Palazzo Marino a Milano (Anna Elena Galli, Federico IV Borromeo: scelte artistiche tra Milano e Siena, in Atti delle giornate di studi sul Caravaggismo e il naturalismo nella Toscana del Seicento, atti del convegno a cura di Pierluigi Carofano, Siena, certosa di Pontignano, 21 maggio 2005; Casciana Terme, Palazzo delle Terme, 24-25 maggio 2005, Pontedera, Bandecchi &Vivaldi Editori, 2009, p. 309, figg. 1, 2). È vero che in quest’ultime tutto è più vibrante, dal disegno, all’atmosfera sulfurea, ai colori. Ma la Vergine che siede sulle nuvole della Visione di san Giovanni evangelista, per quanto di linee e materia più fluide, è sorella di quella nell’Apparizione e ancora più consanguinei sono gli angioletti che schizzano di qua e di là nelle glorie dei due dipinti. Lo stesso può dirsi del san Giovanni evangelista, che si associa al giovane stupito posto a destra del nostro dipinto, condotto con un profilo che ricorda quello dei dolenti della Crocifissione di Monnagnese. Certo non abbiamo molti elementi per descrivere l’attività del Tornioli in quei quattro anni che vanno dal 1631 al 1635, e ciò induce alla prudenza, ma l’opera in esam
Niccolò Tornioli (Siena 1606 - Roma 1651), attribuito a olio su tela, cm 342x245 Il dipinto si caratterizza per una chiara impostazione narrativa che dipende dal comporre di storia fiorentino. Un insieme strutturale che viene interpretato con personaggi devoti, di una delicatezza di espressioni, tipologie e gesti dipendenti dall’arte di Francesco Rustici detto il Rustichino (Siena 1592-1626), personaggi che ci indirizzano verso Siena. Il rigore compositivo della scuola fiorentina era stato importato nella città del palio da Pietro Sorri (San Gusmé 1556-Siena 1622), allievo del Passignano, ed elaborato, fino a farlo diventare un fresco racconto contemporaneo, da Rutilio Manetti (Siena 1571-1639). Questi lo aveva poi abbandonato, appassionandosi al caravaggismo, della cui diffusione sarà motore nelle Terre di Siena. Tuttavia del rigoroso comporre fiorentino se ne erano appropriati artisti quali Crescenzio Gambarelli (Siena, notizie dal 1591 al 1622) e Astolfo Petrazzi (Siena 1580-1653) e altri pittori, come mostrano le lunette dell’Oratorio inferiore di San Bernardino a Siena. Per una di queste lunette, San Bernardino di fronte a Martino V, la quale per qualità sopravanza di molto le possibilità degli artisti sopra citati, ho proposto il nome di Niccolò Tornioli (Marco Ciampolini, Pittori Senesi del Seicento, Siena, Nuova Immagine Editrice, 2010, pp. 870, 887, figg. a pp. 889 e 890) per le evidenti assonanze dei personaggi con quelli delle incisioni nel libretto della tesi di Federico IV Borromeo, sostenuta a Siena nel 1634 (Theoremata Praescriptionis ex Alexandri Papae III [...], Senis, ex Typographia Bonettorum, Typis Publicis, M.DC.XXXIV, Siena, Biblioteca Comunale, XIV.F.28; Annalisa Pezzo, La tesi a stampa a Siena nei secoli XVI e XVII. Catalogo degli oposcoli nella Biblioteca Cominale di Siena, Cinisello Balsamo, Silvana editoriale, 2011, pp. 39-41, 117-119 n. 32). Il Tornioli seguirà l’anno successivo il prelato a Roma, divenendo suo pittore ufficiale. L’opera in esame, come la ricordata lunetta, sembrano collegarsi in questo tempo, ossia nella produzione del Tornioli successiva al 1631, anno della prima opera documentata rimastaci (la Crocifissione della chiesa di San Niccolò in Sasso, detta Monnagnese), e anteriore al 1635-1637, quando Niccolò lavora per il Borromeo. Questa Apparizione, come la ricordata Crocifissione, accoglie influenze emiliane in un palinsesto di rigore compositivo e di devota partecipazione all’evento, che ricordano le esperienze del tardo manierismo senese. Ma diversamente dilata la scena e apre la scenografia a influenze neo venete, come sarà nelle due vaste composizioni con la Visione di san Giovanni evangelista a Pathmos e di San Sebastiano curato dalle pie donne, le uniche opere fin ora rintracciate fra quelle eseguite dal pittore per il Borromeo, oggi conservate in Palazzo Marino a Milano (Anna Elena Galli, Federico IV Borromeo: scelte artistiche tra Milano e Siena, in Atti delle giornate di studi sul Caravaggismo e il naturalismo nella Toscana del Seicento, atti del convegno a cura di Pierluigi Carofano, Siena, certosa di Pontignano, 21 maggio 2005; Casciana Terme, Palazzo delle Terme, 24-25 maggio 2005, Pontedera, Bandecchi &Vivaldi Editori, 2009, p. 309, figg. 1, 2). È vero che in quest’ultime tutto è più vibrante, dal disegno, all’atmosfera sulfurea, ai colori. Ma la Vergine che siede sulle nuvole della Visione di san Giovanni evangelista, per quanto di linee e materia più fluide, è sorella di quella nell’Apparizione e ancora più consanguinei sono gli angioletti che schizzano di qua e di là nelle glorie dei due dipinti. Lo stesso può dirsi del san Giovanni evangelista, che si associa al giovane stupito posto a destra del nostro dipinto, condotto con un profilo che ricorda quello dei dolenti della Crocifissione di Monnagnese. Certo non abbiamo molti elementi per descrivere l’attività del Tornioli in quei quattro anni che vanno dal 1631 al 1635, e ciò induce alla prudenza, ma l’opera in esam
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