BELLINI, Vincenzo (1801-1835). Importante manoscritto musicale autografo, con autentica firmata dai fratelli Carmelo Mario e Maria, contenente un frammento del recitativo precedente il duetto di soprani Sorgi o padre, e la figlia rimira , highlight del secondo atto dell'opera Bianca e Fernando , su libretto di Domenico Gilardoni (Napoli, San Carlo, 1826; poi, come Bianca e Gernando , Genova 1828): ove son?... che m'avvenne?... che intesi!... quali accenti!... (si tratta di un lamento accompagnato dall'arpa: un esempio tipico della vena lirica di Bellini; la melodia passa ripetutamente dai legni all'una e all'altra voce femminile, finché il suo arco, dopo aver toccato l'apice sonoro ed espressivo nella coda modulante, sfuma su un languido assolo di corno inglese): il nostro frammento si dispiega per sette battute su due righi al recto e altre sette su tre righi al verso di una pagine 4° picc. obl. pentagrammata a mano (bordi indeboliti e qualche macchia non ledono il testo). Non datato, il manoscritto va attentamente studiato: potrebbe trattarsi d'un frammento della revisione intercorsa fra la versione di Napoli e quella di Genova, episodio importante anche perché nell'occasione Bellini si valse della riscrittura drammaturgica del proprio maggior collaboratore, Felice Romani, e inoltre perché iniziava così quel procedimento di remake che porterà singoli episodi del melodramma, accolto da un buon successo ma mai impostosi stabilmente, a risuonare nelle opere successive del catanese (per la precisione in Zaira , Norma , Beatrice di Tenda e I puritani ). Importante ausilio, insomma, alla filologia belliniana.
BELLINI, Vincenzo (1801-1835). Importante manoscritto musicale autografo, con autentica firmata dai fratelli Carmelo Mario e Maria, contenente un frammento del recitativo precedente il duetto di soprani Sorgi o padre, e la figlia rimira , highlight del secondo atto dell'opera Bianca e Fernando , su libretto di Domenico Gilardoni (Napoli, San Carlo, 1826; poi, come Bianca e Gernando , Genova 1828): ove son?... che m'avvenne?... che intesi!... quali accenti!... (si tratta di un lamento accompagnato dall'arpa: un esempio tipico della vena lirica di Bellini; la melodia passa ripetutamente dai legni all'una e all'altra voce femminile, finché il suo arco, dopo aver toccato l'apice sonoro ed espressivo nella coda modulante, sfuma su un languido assolo di corno inglese): il nostro frammento si dispiega per sette battute su due righi al recto e altre sette su tre righi al verso di una pagine 4° picc. obl. pentagrammata a mano (bordi indeboliti e qualche macchia non ledono il testo). Non datato, il manoscritto va attentamente studiato: potrebbe trattarsi d'un frammento della revisione intercorsa fra la versione di Napoli e quella di Genova, episodio importante anche perché nell'occasione Bellini si valse della riscrittura drammaturgica del proprio maggior collaboratore, Felice Romani, e inoltre perché iniziava così quel procedimento di remake che porterà singoli episodi del melodramma, accolto da un buon successo ma mai impostosi stabilmente, a risuonare nelle opere successive del catanese (per la precisione in Zaira , Norma , Beatrice di Tenda e I puritani ). Importante ausilio, insomma, alla filologia belliniana.
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